Puglia in zona arancione, è crisi nera per le pizzerie – Parte III

Con la Puglia confermata in zona arancione è crisi nera per 15mila attività tra bar, trattorie e ristoranti, 6.500 pizzerie e 876 agriturismi. L’effetto a valanga farà perdere all’agroalimentare regionale 750 milioni di euro.

È l’allarme lanciato da Coldiretti Puglia il cui presidente Savino Muraglia evidenzia che “la spesa alimentare è tornata indietro di dieci anni su valori del 2010. I consumi alimentari dei pugliesi fanno segnare un calo del 10% nel 2020 per effetto del crollo del canale della ristorazione che non viene compensato dal leggero aumento della spesa domestica mentre si sono ingenerate le speculazioni sui prezzi dei beni di prima necessità che vanno fermate per difendere la capacità dei pugliesi di rifornire le dispense di casa con cibo e bevande e garantire un giusto compenso agli agricoltori”.

Tra i pizzaioli e titolari di pizzerie pugliesi c’è voglia di un ritorno alla normalità. In alcuni casi ci si ferma. In altri, a fatica, si va avanti tenendo alzate le saracinesche. Ma a quale prezzo? In altri ancora, nell’attesa ci si reinventa.

È questo il caso, per esempio, di Lievito 72 a Trani, aperto a pranzo (solo asporto) dal martedì al sabato dalle 11 alle 13.30 per la vendita di prodotti da forno. Come il pane con farina biologica di grano tenero tipo 1 siciliana, steso nei semi di lino, girasole, sesamo e fiocchi di farro, ottima fonte di sali minerali e fibre. Oppure la focaccia di grano duro Senatore Cappelli integrale con solo lievito madre vivo di Enkir, patate, manzo alla birra e bufala oppure condita con crema di patata viola e acciuga del mar Cantabrico, patata gialla al forno, parmigiano reggiano vacche rosse, pangrattato e rosmarino di Sicilia. E ancora il calzone con farina di grano duro pugliese farcito con pomodoro, fior di latte a fermentazione naturale, parmigiano reggiano vacche rosse, origano e olio extravergine d’oliva pugliese. Invece a cena Andrea Giordano e Nicoletta de Luca sono operativi sia con la consegna a domicilio sia con l’asporto dalle 18.30 alle 22 dal martedì alla domenica, dove oltre alla vendita dei prodotti da forno c’è quella della pizza al piatto (chiusi il lunedì). Leit motiv nonché tratto distintivo di Lievito 72 le pizze con il lievito madre vivo, le 72 ore di lievitazione, 30% di sale in meno e le farine macinate a pietra. “Ci auguriamo – dicono dalla pizzeria – che si possa assaporare presto un po’ di normalità. In fondo è quello che sperano tutti. Speriamo di riaprire presto le porte del nostro locale”.

C’è chi ha approfittato della chiusura da lockdown per rinnovare il locale, come Sapore Perfetto a Conversano (BA) e ritornare con l’asporto e l’home delivery.
“Dopo aver fatto parecchi lavori strutturali per migliorare ulteriormente l’esperienza dei nostri commensali – dice il patron Domenico Boccuzzi – siamo ripartiti due settimane fa. Ci siamo anche resettati a livello organizzativo in modo che se e quando diventeremo zona gialla apriremo subito anche a pranzo. Quello che personalmente stiamo vivendo è un periodo molto frustrante e avvilente, non tanto per la crisi sanitaria ed economica che purtroppo c’è ed è anche molto seria, quanto per il fatto che purtroppo siamo governati e quindi guidati da gente totalmente incapace. E finalmente parecchi nomi importanti della ristorazione come Farinetti, Cannavacciuolo, Bottura, Cracco iniziano a far sentire la loro voce. Dispiace che non l’abbiano fatto già da prima”.

L’asporto e la consegna a domicilio sembrano dunque essere “l’unica spiaggia libera” anche per Samuel Facecchia, titolare di Tipo 0 (due le sedi, a Gallipoli e a Galatina, in provincia di Lecce).
“Siamo aperti dal mercoledì alla domenica – spiega – purtroppo la cosa è molto limitante, motivo per cui non siamo aperti più di cinque giorni a settimana. Gli orari sono dalle 19 alle 23, anche se spesso si finisce intorno alle 22 a causa delle poche richieste. Ci sono sicuramente tanti dubbi per chi sta vivendo in prima persona il limite che è stato posto al nostro settore. Credo che si potesse gestire in maniera diversa tutto quanto. Abbiamo speso soldi e soldi per rispettare i protocolli che ci sono stati forniti e dopodiché ci hanno fatto chiudere completamente. Credo che per come ci eravamo organizzati sicuramente potrebbe essere più sicura una cena fuori che un passaggio in un qualsiasi supermercato la mattina. Detto ciò, ovvio che di base ci sarà sempre il rischio del contagio tra persone, ma alcune cose sono un po’ sconnesse. Basta prendere l’esempio del supermercato dove tutti toccano tutto. Tenendo conto che la stessa situazione possiamo trovarla anche in altri posti. Quindi – si chiede Facecchia – perché tanta rigidità nei confronti di bar e ristoranti? Ma nello specifico e non perché io sia di parte, perché proprio un ristorante dove al massimo puoi a malapena cenare nel tuo tavolo?”.
Facecchia si dice preoccupato. “Ci sono attività come la nostra sede di Galatina che non sono nate per lavorare con il delivery e che per quanto tu possa provare ad essere presente ad un certo punto non dipende più da te – dice – Attività in ZTL come la nostra sono anche in una posizione abbastanza scomoda per l’asporto. In un articolo pubblicato da ‘Le Iene’ pochi giorni fa si racconta la storia di Gerardo, titolare di un ristorante vicino Milano che non ha preso un centesimo di ristori perché il proprio ristorante un anno prima era chiuso per ristrutturazione. La stessa identica cosa è successa a noi e chissà a quanti altri. Quindi come si può prendere di mira un’intera categoria e non dare la possibilità a tutti quanti di beneficiare dei supporti che sono stati messi in campo? Dove arriveremo non lo so”.
Facecchia commenta il “metodo colori” e le “mezze aperture”. “C’è chi vive in piazze grandi e quindi ha la possibilità almeno di portare 30/40/50 coperti a casa. Ma ci sono attività che vivono in paesi piccoli, lontani da uffici e centri e che anche in quella fase non hanno potuto permettersi un turno in presenza a pranzo”.
La voglia di ripresa è tanta. “Di sicuro – conclude Facecchia – c’è bisogno di rimettere in moto le nostre casse perché stiamo accumulando una serie di problemi che non sarà semplice smaltire dopo. Comprendo pienamente il rischio che c’è dietro a tutta questa situazione – ci tiene a precisare – La salute è sicuramente un punto fondamentale da salvaguardare per ognuno di noi, quindi assolutamente nulla da dire sulle limitazioni che vengono poste in modo generalizzato. La mia riflessione è un’altra però. È come se fossimo stati presi di mira, come se fossimo stati scelti per sopperire ai problemi portati dalla pandemia e da uno Stato, a mio avviso, incapace di gestire il momento storico che stiamo vivendo. La gente merita di essere aiutata. Ci meritiamo di lavorare. Non possiamo vedere le nostre attività messe in piedi con tanto sacrificio morire come se non contassero nulla”.

Lascia un commento